In una recente consulenza è emersa la necessità di spiegare al cliente i contenuti ed i limiti della perizia tecnica per l’utilizzo degli incentivi 4.0, in particolare per quanto riguarda la documentazione fiscale.
Considerato che questa attestazione sarà probabilmente presente anche per gli incentivi 5.0, è fondamentale riportare all’attenzione alcune precisazioni ufficiali del ministero.
Il problema nasce dall’idea errata che la perizia e la relativa analisi tecnica fornisca una qualche forma di “certificazione” sulla congruità e correttezza dei documenti fiscali.
Il consulente, di norma, fa le sue considerazioni sui documenti che gli vengono inviati, che siano fiscali o di altro tipo, andando oltre gli aspetti tecnici. Si sofferma in particolare su questioni formali (dicitura nei documenti, calcolo della percentuale di acconto, contratti, …) o di contenuto (voci in fattura non adeguate, mancato o errato riferimento al bene, …).
Non ne assume, però, alcuna responsabilità (*) e la circolare del MISE n. 547750 del 15 dicembre 2017 lo esplicita in modo chiaro. Vediamo per punti.
L’attività del perito è un accertamento di natura strettamente tecnica “che il bene possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi di cui all’allegato A o all’allegato B annessi alla presente legge ed è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura”
Riguardo invece alla:
- determinazione del costo fiscale rilevante
- la sua imputazione secondo le regole della competenza al periodo d’imposta agevolabile
- le modalità di acquisizione dei beni
il professionista si limita a “recepire […] le indicazioni e le valutazioni operate dai competenti organi amministrativi dell’impresa che ne assumerà quindi diretta ed esclusiva responsabilità”.
Inoltre, cosa non poco importante, “tra le verifiche tecniche richieste al perito […] non rientra quella concernente il requisito della novità“.
Nella mia esperienza queste condizioni “al contorno” non sono per nulla chiare alle aziende che sembrano vedere nella perizia lo “scudo” per proteggersi dai possibili controlli. Controlli, che sappiamo bene, partiranno innanzi tutto dagli aspetti formali (i più semplici da verificare).
Fatte queste precisazioni è comunque buona norma per il professionista rilevare eventuali problemi e comunicarli all’azienda almeno con una email, in modo che sia consapevole delle difformità da sanare e, non ultimo, potersi avvalere del “vi era stato comunicato”. I controlli, ricordiamolo, avvengono ad anni di distanza.
Alcune considerazioni
La mia filosofia è “ogni cosa al suo responsabile e un responsabile per ogni cosa”.
La richiesta di indicazioni di tipo fiscale in perizia contrasta violentemente con le indicazioni di non responsabilità. Queste informazioni non dovrebbero minimamente rientrare nell’ambito dell’attestazione tecnica e, se necessario, potevano essere formalizzate con un dichiarazione sostitutiva.
Un altro esempio di scelta errata è la richiesta del riferimento in fattura (e DDT) della norma incentivante. Essendo i documenti emessi dal fornitore, questo non ha la minima responsabilità del se e come verrà incentivato il bene.
Addirittura, la dicitura potrebbe risultare errata nel momento in cui vengono meno le condizioni per un certo incentivo (acconto minore del 20%, mancata effettuazione dell’investimento entro i termini) e maturano invece quelle di altro incentivo (tipicamente quello della legge di bilancio successiva).
Le cose si esacerbano con gli incentivi 5.0, che saranno retroattivi e applicabili a beni che inizialmente l’azienda aveva pianificato di incentivare come 4.0.
La soluzione ovviamente era semplicissima: contestualmente alla perizia (con una PEC al professionista) o nella dichiarazione sostitutiva, l’azienda poteva formalizzare i riferimenti ai documenti rilevanti.