Utile saperlo

Perché il digitale non funziona con i silos aziendali: il catalogo online

Written by Stefano Lissa

Qualsiasi articoli o testo di digital transformation ve lo dice a chiare lettere: in azienda i silos vanno abbattuti o le cose non funzioneranno.

Questo non è un racconto di digital transformation e non è neppure un racconto su qualcosa di innovativo. E’ una storia ormai vecchia, ma proprio per questo chiara e facile da comprendere.

Cosa c’entra il catalogo online con i silos aziendali? Proviamo a vederlo.

C’era una volta il catalogo cartaceo. Poi sono arrivati i siti web, per lo più in mano al reparto IT, dove qualcuno, a mano, creava delle pagine con i prodotti e le aggiornava ogni volta che usciva un catalogo cartaceo nuovo. Di solito con un ritardo ciclopico.

Poi è arrivata qualche piccola integrazione per cui il catalogo era disponibile su un database (e spesso si confondeva un foglio Excel con un database): questo aiutava ad una pubblicazione più veloce, anche se meno artistica, ma rendeva il responsabile del sito dipendente dal reparto che aveva in mano i dati.

E qui già iniziavano i primi attriti interni: i dati non arrivavano in tempo, arrivavano in formati poco utilizzabili su web e spesso si ricadeva nel “meglio fare a mano” (tanto il catalogo cartaceo c’era ed era il punto di riferimento).

Ma ad un certo punto la foto del prodotto, la descrizione e qualche dato tecnico iniziarono a non essere più sufficienti. Ed il manuale per l’installazione? E la scheda per risolvere le anomalie? E la brochure?

Chiaramente questi documenti non stavano in un database (neanche Excel ci salvava) per cui avanti con il lavoro manuale a caricare file su file nel server web.

Non che mancassero gli strumenti, ovviamente: la gestione della vita del prodotto ed i suoi documenti era già presente in azienda, ma pensata per uso “interno”.

Ad un certo punto, però, l’attività di gestione del catalogo su web era divenuta insostenibile: se fatta bene costava troppo, se fatta male costava in immagine (e in supporto).

Ecco l’ideona, fare quello che era ovvio: automatizzare l’esposizione del catalogo su web partendo dagli strumenti informatici in azienda, ad esempio il PLM (o anche un qualsiasi gestionale con l’anagrafica prodotti).

Bisogna ammettere che la cosa comporta delle difficoltà tecniche anche oggi, ma quelle sono il male minore rispetto alle difficoltà “umane”. Vediamole un po’.

Reparto IT

Deve mettere a disposizione i dati ed i file (documenti, immagini). E’ un elemento indispensabile della catena che deve garantire la qualità formale delle informazioni e la loro disponibilità. Ma tutto questo è una rottura: l’IT deve occuparsi dei grandi asset informatici aziendali, quelli che costano centinaia di migliaia di euro, non di queste quattro tabelle che creano un servizio con chi ti mette sulla tavola il pane a fine mese (il cliente che compra… se trova…).

Reparto marketing

Vuole il catalogo più figo del mondo. Deve esserci tutto, dalla gallery fotografica del prodotto al rendering 3D con esperienza di realtà aumentata con Oculus. Perché tutti quelli che comprano pentole online vogliono vivere questa esperienza. Chiaro, di foto del prodotto ce n’è una sola, i JPEG, con sfondo bianco (se abbiamo fortuna). Ma si deve fare ed il reparto IT è incapace perché non riesce.

Responsabili prodotto

Questi poveri disgraziati, per anni hanno inserito i dati del prodotto nel sistema informatico, hanno creato categorie e raggruppamenti, per organizzare il proprio lavoro. Mai avrebbero pensato che tutte queste cose sarebbero state utilizzate per costruire una pagina web che avrebbe visto anche la loro mamma. E non vogliono proprio saperne nulla, non è il loro mestiere.

Marketing: “Ma così il sito viene una m****! Dovete mettere le descrizioni comprensibili alle persone. E poi non mettete le parole ‘dismesso’, ‘obsoleto’, ‘test’ nei prodotti e nelle categorie! Non capite che vanno online?”

Reparto legal

Cosa? Metti un form nel catalogo perché i visitatori possano chiedere informazioni su un prodotto? Fermi tutti! Intanto gli metti le 12 pagine di privacy policy, poi almeno 7 consensi ed in ogni caso i dati li tieni per un massimo di 18 mesi. E chi se ne importa se quello è un cliente con il quale devi costruire una relazione: dopo 18 mesi, ciaone e sconosciuti come prima. O così o non si va online.

Supporto al cliente

“Eh? Abbiamo il catalogo online? Anche da lì possono contattarci? Mai visto arrivare una mail, ma siete sicuri? Cosa? 500 richieste nell’ultimo quadrimestre? Mai visto niente.”

Questi sono i silos. Una volta funzionavano perfettamente. Ma il digitale ha il potere di mettere in connessione le divisioni aziendali: è sempre un percorso che parte dal cliente e si dirama dentro l’azienda toccandone molti reparti. Le aziende credono di digitalizzarsi, in realtà sono le persone con lo smartphone che fanno partire l’impulso nervoso verso l’interno e aspettano che torni la risposta (in forma di bit).

Abbiamo fatto l’esempio di un semplice catalogo online. Anche una cosa così banale richiede team trasversali dove ognuno ci mette il suo indispensabile pezzetto di competenza. Continuiamo lo stesso come prima?

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